Sono nata vicino a Venezia, ma ho avuto la fortuna di vivere sull’isola qualche anno durante l’università. Per questo Venezia è sempre stata per me sia una casa sia un luogo che ho vissuto con gli occhi del turista, che ammira la sua bellezza senza darla per scontata. San Pietroburgo invece è stata la mia casa per soli cinque mesi, un periodo tanto breve quanto intenso, sufficiente per mostrarmi solo una piccola parte della sua peculiare bellezza, così diversa da quella cui sono abituata. Ci tengo a sottolineare che in questo articolo non intendo di certo dare una valutazione generale o definitiva di queste due città-museo, ma solo riportare alcuni aspetti che mi hanno colpito di due realtà così diverse, entrambe straordinariamente eccentriche rispetto alla nazione cui appartengono (come scrive Blok in una lettera del 1909 a Brjusov: “Venezia si colloca, si potrebbe dire, in un luogo particolare, addirittura quasi fuori dall’Italia; la si può amare quasi come Pietroburgo: come Pietroburgo alla Russia, così Venezia sta all’Italia”).
Venezia ammorba con la sua sovrabbondanza non appena vi si approda, quando, usciti dalla stazione, ci si imbatte immediatamente nella folla di valige, nella cupola smeraldo della chiesa di San Simeon Piccolo, nei gondolieri che recitano la loro quotidiana commedia. È un’asfissiante concentrazione di vite umane che si accalcano nelle calli principali, ognuna di esse con una sua storia, con una sua ricchezza e unicità che sembra scomparire per un po’, appiattendosi in un unico mostro di folla. Chi ha la fortuna di viverci per un po’ si libera della frenesia del turista, schiavo di un tempo limitato che lo costringe a voler vedere tutto senza vivere davvero nulla. Chi a Venezia ci ha vissuto si accorge che essa è ovunque ricca di significato, di storia umana: le pareti corrose e scrostate delle case che si riflettono sull’acqua scura e puzzolente dei canali, gli scorci di interni visibili dalle calli che mostrano imponenti scaffali di mogano pieni di libri antichi e grosse travi da cui pendono pesanti lampadari di vetro. Tutto è tremendamente saturo di una bellezza ricamata con maestria e pazienza in secoli e secoli di storia. Tutto parla e i discorsi si sovrappongono, si scavalcano inarrestabili, tutto urla a gran voce e lotta per trattenere più a lungo l’attenzione di chi osserva. È proprio questo il motivo per cui Venezia è l’unica città che non ti permette di sentire la solitudine, è l’unica città in cui si può camminare da soli per ore senza mai sentirsi addosso il peso degli sguardi inquisitori di chi si incontra. Venezia non ti lascia solo nemmeno nelle piovose serate invernali, quando i turisti si dileguano e la città si riempie dell’aria pesante di alghe e di polvere bagnata: ci sarà sempre un pozzo, un ponticello, una bricola o una polifora ansiosi di intrattenerti per un po’. Qualche volta però tutta questa stratificazione di storia, se anche non fa sentire la solitudine, porta però l’uomo a sentirsi estraneo alla città. Io, ad esempio, a Venezia mi faccio spazio con fatica in questa sovrabbondanza di storie, e non mi sfiora nemmeno la pretesa di ritagliarmi uno spazio tutto mio: ovunque è già troppo vissuto ed è impossibile accostarsi a esso senza il timore reverenziale che ti assale in un museo d’antiquariato.
- Venezia, vista dal Ponte degli Scalzi. San Pietroburgo, vista dal Ponte Rosso
San Pietroburgo invece, con Venezia, condivide solo la fragilità di ogni creazione umana quando viene posta così vicino alla potenza della natura, ma per il resto la loro estraneità domina incontrastata sulla loro somiglianza. Venezia è quotidianamente erosa da quel mare che ne rappresenta allo stesso tempo la rovina e la fortuna, San Pietroburgo, sebbene protetta dalle inondazioni grazie ai suoi canali in granito, è tuttavia ancora sferzata da fenomeni atmosferici improvvisi ed incontrollabili. Evito in questa sede banali constatazioni sulla loro differenza di dimensioni (da un lato una metropoli con un centro e una periferia, e dall’altra un’isoletta percorribile a piedi in mezz’ora) e sulla loro storia completamente diversa (per cui Pietroburgo è creazione a tavolino per volontà di un monarca che guarda a una cultura altra da quella del suo paese, e Venezia è un microcosmo a sé stante, che nasce più di un millennio prima e si sviluppa gradualmente nel cuore dell’Europa).
Ma che conseguenze hanno queste macro-differenze sull’impatto che le due città producono sull’osservatore? Gli spazi sconfinati di San Pietroburgo, come quelli di Piazza del palazzo, fanno girare la testa a chi come me è abituato a infilarsi di soppiatto nelle strette calli della città lagunare. Un uomo nella “Venezia del nord” non solo può muoversi in uno spazio estremamente ampio, tra strade ben larghe e asfaltate, ma può soprattutto trovare con facilità uno spazio suo, lontano sia dalla folla sia dalle tracce di ciò che è stato prima del suo arrivo. In ogni angolo di Venezia i muri scrostati, gli scalini di pietra consumati e le vecchie insegne arrugginite non permettono mai di vivere il proprio presente senza i fantasmi del passato. E infatti un’altra grande differenza colpisce lo spettatore al primo impatto: la bellezza di Venezia ha un retrogusto antico, trasandato, decadente, in continua corsa con il tempo, mentre la bellezza di San Pietroburgo è scintillante, lucida, pulita, il che può dare da un lato un’impressione di non autenticità, ma dall’altro chi la ammira si sente parte di uno splendore presente, non figlio di un’epoca che non eguaglierà mai la ricchezza di un passato impareggiabile.
- Venezia, graffiti di Banksy vicino a Campo Santa Margherita
Nella capitale culturale della Russia, le diverse manifestazioni della cultura sono curate all’inverosimile e organizzate con impegno per renderle fruibili a tutti (mi riferisco ad esempio alle numerose case-museo dei grandi scrittori ottocenteschi e novecenteschi, ai monumenti che rimandano a personaggi letterari delle opere più conosciute, alle ville delle famiglie ricche del passato perfettamente curate e organizzate in percorsi aperti al pubblico). A Venezia i palazzi adibiti a museo sono certamente molti, così come le chiese visitabili (l’isola vanta un numero record di 137 chiese e basiliche su 54 mila abitanti!) e le famose Scuole, ma qui non sempre tutta questa concentrazione di bellezza viene consegnata al grande pubblico, e spesso mi interrogo sul motivo di tale realtà. È semplice sciatteria italiana o il frutto di una volontà ben precisa? Di certo a Venezia c’è una tale sovrabbondanza di arte accumulata in uno spazio così ristretto che sarebbe impossibile trasformare l’intera città in un museo, anche perché in essa si trascinano immutate le esistenze di uomini ancora saldamente legati alle tradizioni passate. Certo il turismo è diventato ormai uno degli aspetti peculiari di Venezia ma ci sono palazzi ancora abitati da famiglie aristocratiche, il ghetto ebraico non è solo memoria del passato ma in esso domina la vita quotidiana e appartata dei suoi abitanti, lungo i canali sono attraccate ancora innumerevoli barchette di piccoli pescatori che ogni mattina escono in mare. San Pietroburgo, città che ha avuto uno sviluppo molto meno lineare ed è stata costretta spesso a “ricominciare da capo”, si presenta molto più alienata dal suo passato, riconoscendosi a tratti nell’immagine di “città fantasma” tanto diffusa nei romanzi russi, a tratti nel retaggio sovietico, in quello zarista o in quello più recente di tipo capitalista (ricordo ad esempio l’impressione grottesca che hanno prodotto su di me le insegne luminose delle banche installate accanto ai luoghi cardine del passato sovietico), e forse è proprio questa sua identità frammentata e fluida ad attribuirle questa straordinaria capacità di sapersi valorizzare…
- San Pietroburgo, palazzo Jusupov
Venezia, come anche Pietroburgo, guarda con orgoglio alla sua bellezza e unicità, ma probabilmente percepisce anche la precarietà della sua posizione, si sente un fragile ecosistema destinato a scomparire per sempre. Forse è proprio per questo che i veneziani custodiscono gelosamente la loro città e guardano con diffidenza alle orde di turisti che disturbano la loro esistenza quotidiana in uno spazio così ristretto e prezioso. Nel modo che Venezia ha di rapportarsi con sé stessa domina quindi un sentimento di malinconica gelosia nei confronti della ricchezza che le rimane, mentre Pietroburgo dà l’impressione opposta di una città che deve ancora mostrare al mondo il suo reale valore.
Valentina Brisinello